Quattro mesi dopo l’introduzione dei “nuovi forfetari”, ossia del regime dei forfetari così come modificato dalla legge di Bilancio 2019, è uscita la circolare n. 9/E/2019, che ha chiarito moltissimi aspetti prima nebulosi. Il problema cardine per l’ingresso nel regime dei forfetari non sono tanto i requisiti di accesso, che si sono ridotti all’aver percepito nell’anno precedente compensi/ricavi non superiori a € 65.000, ma le cause ostative, che si possono distinguere in 2 grandi categorie:
– cause ostative in re ipsa, ossia le cause che impediscono di default l’accesso al regime, che sono l’appartenenza del soggetto a regimi speciali come vendite a domicilio, vendita di sali e tabacchi, editoria, agriturismi, ecc. Ovvio è che se si sceglie di non avvalersi del regime speciale, non è integrata la causa ostativa;
– cause da valutare, ossia le cause che non comportano un ostacolo a prescindere, ma che occorre valutare, in alcuni casi, nell’anno stesso di applicazione del regime. La ratio alla base di questa categoria di cause è evitare artificiosi frazionamenti (lett. d) o artificiose trasformazioni da lavoro dipendente ad autonomo (lett. d-bis).
Per quanto riguarda la lett. d), integra causa ostativa all’accesso al regime dei forfetari:
– la partecipazione in società di persone, associazioni o imprese familiari, incluse le società di fatto ed escluse le società semplici;
– la partecipazione in Srl controllate direttamente o indirettamente dal contribuente e che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal contribuente.
Per la prima delle 2 fattispecie di partecipazioni non vi è molto da dire, poiché il suo possesso comporta, a prescindere da altre cause, l’impossibilità di aderire al regime dei forfetari; pertanto deve essere ceduta entro il 31.12 dell’anno precedente all’accesso al regime agevolato. Eccezioni: se la partecipazione è acquisita in eredità deve essere ceduta nell’anno e solo per l’anno 2019 è concessa la possibilità di cedere le partecipazioni entro il 31.12.2019, quindi nel corso dell’anno del regime forfetario e non nel precedente.
I chiarimenti più attesi invece riguardano il controllo delle SRL e i rapporti con l’ex datore di lavoro. Per quanto riguarda la partecipazione in SRL, è stato chiarito che ciò integra causa ostativa quando si verificano contemporaneamente le seguenti circostanze, da controllare nell’anno di applicazione del regime:
– si detiene il controllo della SRL, dove per tale si intende anche una partecipazione del 50% in quanto integra il numero 2) dell’art. 2359, c. 1 C.C., ossia “voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante”;
– la società controllata svolge un’attività che opera nella stessa sezione del codice ATECO del soggetto forfetario;
– il contribuente forfetario percepisce compensi (esempio: compensi per l’incarico di amministratore) o ricavi dalla società controllata e quest’ultima deduce il relativo costo.
Per controllo diretto ci si riferisce all’art. 2359, cc. 1 e 2 C.C., ossia la maggioranza dei voti, o voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante o un’influenza dominante in virtù di contratti. Con il termine indiretto, invece, ci si riconduce alla detenzione della partecipazione che integra il controllo anche per il tramite di controllate, fiduciarie o per interposta persona (familiare: coniuge, parenti entro il 3°grado e affini entro il 2°). La riconducibilità dell’attività, invece, deve tenere conto dell’attività effettivamente svolta a prescindere dall’ATECO in possesso. Tra le numerose risposte dell’Agenzia agli interpelli è emerso che la carica di amministratore della SRL cessata prima del 31.12.2019 non comporta la fuoriuscita dal regime dei forfetari, a partire dal 2020, per il soggetto forfetario che detiene la partecipazione e svolge appunto la carica di amministratore nella società con attività alla sua riconducibile.
Infine, per quanto riguarda i rapporti con l’ex datore di lavoro, la lett. d-bis) precisa che non possono avvalersi del regime i soggetti la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso o erano intercorsi rapporti nei 2 periodi precedenti (monitoraggio dall’1.01.2017), ovvero nei confronti di soggetti riconducibili direttamente o indirettamente ai datori. Eccezione a questa regola sono i soggetti che iniziano una nuova attività dopo avere svolto la pratica obbligatoria della professione. Anche tale condizione deve essere verificata nell’anno di applicazione del regime. Per prevalenza si intende se i compensi percepiti/ricavi conseguiti verso il datore superano il 50% del totale, mentre per riconducibilità diretta o indiretta si deve far sempre riferimento al concetto di controllo di cui all’art. 2359 C.C. e per il tramite di altri soggetti vicini (controllate, fiduciarie, familiari).
È stato chiarito, inoltre, che la pensione obbligatoria non integra mai causa ostativa, mentre molti casi limite da valutare sono contenuti nei redditi assimilati al lavoro dipendente, tra i quali, per esempio, non integrano causa ostativa le borse di studio, gli assegni periodici e le rendite vitalizie non aventi funzioni previdenziali.
2019-07-05